Collision

Pubblichiamo di seguito l'intervento di Caminera Noa all'incontro internazionale "Collision - giovani a sud della crisi", tenutosi al centro sociale Intifada di Roma, lo scorso 20 maggio. 

Sono intervenute le seguenti realtà giovanili italiane: "Noi restiamo" (Bologna), "Collettivo politico porco rosso" (Siena), Collettivo autorganizzato universitario (Napoli), Collettivo Laika (Grosseto), Coniare Rivolta (Roma). 

Caminera Noa è intervenuta fra gli ospiti internazionali insieme alle organizzazioni Arran e Sepct (Catalogna), CUAE (Svizzera) e gli studenti francesi in lotta contro la riforma della scuola. 

La relazione (che pubblichiamo di seguito) è stata curata dall'attivista Davide Mocci.

 

Caminera Noa nasce in un contesto politico particolare, quello sardo. La Sardegna, insieme al Sud-Italia e la Sicilia, è uno di quei territori interni allo stato da sempre caratterizzati da una politica economica prevalentemente estrattiva ed esogena. La questione sarda è differente rispetto la questione meridionale e siciliana, come ben spiegato da Gramsci, poiché presenta delle peculiarità storico-linguistiche nonché una condizione pregressa di colonialismo interno (nel periodo pre-unificazione sotto il dominio dei Savoia) che ne hanno caratterizzato il progetto di snazionalizzazione, spoliazione e depredamento delle risorse, naturali e “umane”.

La lotta per la libertà e la giustizia sociale in Sardegna, dal nostro punto di vista, deve essere portata avanti perseguendo e praticando l'autodeterminazione nazionale. Questo è il motivo per cui abbiamo scelto di partecipare a questa assemblea come ospiti internazionali.

In un contesto europeo dove le contraddizioni  in seno alla forma storica dello stato-nazione si palesano sia dal punto di vista del superamento “a destra”, operato dalle forze borghesi accentratrici della “nazione Europa”, e “a sinistra”, con l'inasprirsi dei conflitti centro-periferia – in Catalogna, Euskal Herria, Galizia e Corsica così come anche nel medioriente, con la lotta kurda e palestinese arrivate ad un punto cruciale della loro storia – appare necessario che operare la rottura in un contesto sottosviluppato come la Sardegna non può che passare attraverso la creazione di un fronte comune delle nazioni senza stato contro la violenza degli stati nazionali e degli imperialismi mondiali.

Quando queste contraddizioni vengono poi recepite dalle forze progressiste degli stati “naturali” allora il fronte comune si allarga poiché la lotta diventa realmente inter-nazionalista e può perseguire al superamento del modello economico dominante andando a colpire su tutti i nervi scoperti della società contemporanea e organizzare un attacco diretto all'attuale conformazione dei rapporti di forza in gioco. Pertanto un'alleanza – e il conseguente mutuo riconoscimento come attori sociali operanti in contesti sociali e politici differenti – è  auspicabile per le forze progressiste degli stati nazionali così come tra queste e le forze di liberazione nazionale delle nazioni senza stato per perseguire la lotta rivoluzionaria.

Rispetto al soggetto politico in sé, Caminera Noa è un'assemblea che porta avanti, attraverso pratiche democratiche ed orizzontali, la costruzione di  percorso comune che possa essere attraversato dalle varie realtà in lotta (comitati in difesa delle risorse naturali, della sanità pubblica, lotta per la casa) presenti nell'isola organizzate sui territori ma manchevoli di un raccordo tra loro e altre componenti come indipendentisti di sinistra, internazionalisti, sindacati di base e movimenti studenteschi. Tenuti insieme da questi pilastri che ne stabiliscono l'unico limite alla partecipazione e all'adesione: antifascismo, antirazzismo, antisessismo, lotta per l'autodeterminazione e lotta al modello ordoliberista.

Finora, in questi 10 mesi di attività politica (siamo nati a luglio dell'anno scorso) abbiamo cercato di portare avanti alcune storiche battaglie dell'indipendentismo sardo come l'insegnamento della lingua sarda nelle scuole e università. La lingua sarda è sempre stata oggetto di minorizzazione e sostituzione attraverso un colonialismo linguistico prima dal fascismo e successivamente dall'italia repubblicana attraverso denigrazione razzista (il sardo è parlato dagli ignoranti, stando alla vulgata italianista) e imponendo l'italiano come lingua utile ad uscire dalla condizione naturale di “arretratezza” e grettezza del popolo sardo. Questa narrazione è stata interiorizzata a tal punto che ad oggi moltissimi sardi, anche quelli che parlano la lingua fluentemente, si vergognano di utilizzarla al di fuori dei propri contesti privati e famigliari.  

Abbiamo cercato quindi di estendere la rivendicazione per la normalizzazione del sardo facendola combaciare con le esigenze materiali, in questo caso, della categoria degli insegnanti sardi rappresentati dai sindacati di base che in seguito all'ultima riforma del reclutamento si sono visti costretti ad abbandonare la propria terra per poter lavorare, nonché legandolo alla lotta contro il modello omologante e accentratore delle prove invalsi, riuscendo a coinvolgere i sindacati degli studenti medi. L'inserimento del sardo nelle scuole pertanto necessita competenze da coltivare e quindi posti di lavoro che si verrebbero a creare, se si fosse in grado di sfruttare lo statuto di autonomia.

Al di là delle rivendicazioni “tradizionali” dell'indipendentismo sardo, abbiamo sentito la necessità di trovare nuovi strumenti per organizzare i lavoratori dei settori economici che in Sardegna subiscono maggiormente le nuove forme di sfruttamento, come quello turistico e in generale i giovani lavoratori appena entrati nel mercato del lavoro.

In Sardegna le nuove linee guida sui i tirocini, peggiorative, verranno recepite direttamente da Roma nonostante sia competenza di qualsiasi regione (ordinaria o a statuto speciale) poterle modificare in senso migliorativo. Ad oggi la legge regionale sui tirocini prevede una durata di 6 mesi per 400 euro al mese, ma il progetto della giunta regionale è di ampliarla fino a 12 mesi: la nostra richiesta minima è che venga dimezzata la durata e raddoppiato il compenso, che ricordo essere coperto per metà dalla regione. La nostra lotta, portata avanti attraverso la raccolta e denuncia di testimonianze di sfruttamento, finora ha bloccato questo progetto, ma non possiamo permetterci di considerarci soddisfatti. Il tirocinio è uno strumento attraverso cui vengono mascherati reclutamenti per mansioni che non hanno alcun bisogno di così tanto tempo per essere apprese, come ad esempio barista, cameriere, aiuto cuoco, etc. In un contesto economico depresso e votato ad un modello turistico meramente estrattivo, il lavoro stagionale è la principale forma di occupazione giovanile e questi nuovi strumenti di reclutamento si palesano come l'ennesimo attacco al popolo lavoratore sardo e ai/le giovani sardi/e. Purtroppo organizzare i lavoratori del settore turistico è molto complesso, per via della forte competizione tra i lavoratori stessi e il ricatto indotto dalla disparità tra domanda e offerta di forza-lavoro votata al ribasso. La necessità quindi è quella di fornire una contro-narrazione alla nuova idea di lavoro neo-liberale e della classe atomizzata, inserendola in un discorso generale che sia in grado di rompere con la gabbia del turismo come unico modello di sviluppo per la Sardegna.

Inoltre la Sardegna ha sempre subito gli investimenti degli sponsor del governo italiano, che storicamente hanno sempre portato miseria, inquinamento e furto delle risorse, con una classe politica regionale italianista totalmente succube (basti pensare ai Piani di Rinascita che hanno impiantato industrie totalmente avulse dalle necessità del territorio in cui sono state costruite che successivamente hanno portato solo disoccupazione e inquinamento): l'ultima dimostrazione è il progetto del Mater Olbia, un ospedale d'eccellenza privato di proprietà di emiri qatarioti che diventerà l'unico polo in cui si concentreranno le eccellenze della sanità sarda, di fatto costituendo un attacco frontale al diritto universale alla sanità per il popolo sardo; come Caminera Noa ci schieriamo in prima linea contro questo progetto criminale e il prossimo futuro sarà caratterizzato da questa mobilitazione.

Non dimentichiamo, infine, che la Sardegna conta sul proprio territorio i tre poligoni militari più grandi d'Europa, che producono morte, inquinamento e miseria in quanto si tratta di più di 30mila ettari di terreno tolti alle comunità, contro cui combattiamo attraverso l'assemblea di A Foras - contra s'ocupatzione militare de sa Sardigna cui partecipiamo attivamente come militanti e che tra qualche settimana, il 2 giugno, ci vedrà protagonisti per le strade di Cagliari per rovesciare la retorica sciovinista della festa della repubblica e dichiarare apertamente la nostra lotta contro le basi militari e il militarismo italiano.